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La Tarantella della Sciura
Storia di un corteggiamento
601 PB | Piccolo Masso, Spelonca
Attraverso le picare lande in lungo e largo da ben prima che la calda luce potesse illuminare e la tenue notte freddare i primi gobelini, che di questo antro di mondo han fatto la loro giostra.
La mia fondamentale esistenza è un susseguirsi di fatti ormai acclarati, viaggi di sola andata verso un piano lontano dalle alte vette e dai profondi mari di Picaria.
Ogni dito, ogni manata, ogni ciclo.
Qualcuno decide che il suo momento per raggiungere il Figlio è giunto e tocca sempre alla Sciura raccogliere i resti di quei poveri picari.
Qualcuno ogni tanto mi vede e fugge, con la speranza di regalarmi qualche momento di sollievo dalla mia quotidiana noia.
Mai troppo spesso, mai troppo a lungo, mai abbastanza lontano.
Questo fino al fortuito incontro con l’uomo che primo da immemore tempo ha saputo resistere alle mie seducenti lusinghe.
Ricordo ancora il giorno in cui è nato: dritto a terra di testa, dalla pancia materna al angolo della taverna.
Fu la prima di molte promesse di morte mai mantenute.
I Cicli passavano e ogni tanto mi capitava di dover raccattare qualche suo sodale che aveva bisogno di essere scortato nell’eterno Piano, ma lui mi ignorava quasi non esistessi. Una tattica per attirare le mie attenzioni, come molti giovani picari.
Venuto al mondo tra le miniere, dove ne acchiappo a greggi, pareva essere più interessato a stuzzicarmi che ad avermi. Come quella volta in cui, ignaro di cosa “portante” volesse dire, mi diede generosamente in dono alcuni fortunati minatori.
Eravamo ormai al terzo fatidico appuntamento
quando senza neanche avvisare partì alla scoperta del Grande Sud, pieno di speranze e dolce di esperienza.
Che maleducato.
Ma io sono la Sciura, mica una qualsiasi, non lo perdo mica d’occhio, io.
O perlomeno, magari si, ma non per molto.
La sua strada, come quella di ogni picaro, è intrecciata indissolubilmente con la mia, almeno credo.
Belpioppo doveva essere una giornata come le altre, conti morti, rivolte all’orizzonte, il mercato del pesce.
E invece eccolo lì, il mio inafferrabile amico, intento nuovamente a sfuggirmi dopo una meritata coltellata amichevole.
Grondante di sangue ma circondato da amici l’ho visto guadare il Rio finché il Figlio ha voluto, fino a farmi nuovamente perdere le sue tracce.
Dopo qualche manata passata senza che io avessi sue notizie, eccolo ricomparire tronfio di sangue e cervogia a baccagliare vicino ai resti di confederati dei Legni che avevan cercato in vano di fargli pagare quanto lui e i suoi amici gli dovevano. Anche questa volta il mio sguardo si era poggiato su di lui, mentre i suoi occhi guardavano vuoti l’orizzonte e le sue mani eran guarnite di oro altrui.
Questa volta, determinata a non farmelo sfuggire, decisi che la Sciura poteva prendersi una pausa per occuparsi solo del suo uomo.
Giunse allora a Piccolo Masso, terra di confine con le Savie terre, con i suoi sodali al fianco e me poco distante. Qui ebbi da sistemare una Patrona di bordello un po’ troppo amichevole con lui, ma stoico come sempre ignorò il mio invito. Screanzato!
Appena dentro le mura lo intravidi di sfuggita punire con la calce e il fuoco quelli che a detta sua e dei suoi amici erano eretici, ma i quali resti ho comunque potuto accompagnare a riposo nelle savie piane divine.
Non passarono che poche dita tra gli stretti vicoli della contea che eccolo ancora, questa volta con una messa in scena decisamente pirotecnica, dedicarmi una dozzina di morti tra i più fedeli al Figlio con l’aiuto di un suo caro ed esplosivo amico.
Ed anche qui, quando sembrava volermi concedere la sua compagnia, l’ho visto scivolarmi tra le mani come sabbia.
Per forze imputabili evidentemente alla diretta volontà del Figlio, il mio amato riuscì a seguito di fatti confusi e poco chiari ad entrare nelle grazie di nomi ben pesanti nella Congrega, che contro ogni convenzione decisero che fosse un bene tenerlo lontano da me. Maledetti. Finito qui tornerò anche per loro.
Questo ci porta a quello che purtroppo è ad ora l’ultimo incontro, per ora, tra me e l’uomo con cui ballo ormai da tempo immemore questa tarantella d’amore.
Circondato da amici e fulmini, questa volta si che per la prima volta egli ebbe l’audacia di guardarmi dritta negli occhi. Eppure, diverso da molti altri, non bastò il mio profondo sguardo a portarlo a concedersi, arrivando addirittura a nominarsi “Il Sopravvissuto”.
A cosa?! Al mio amore?! Alle mie attenzioni?! Ma per favore!
Nel mio eterno girovagare tra le picare miserie ho imparato che due cose trovan sempre una via: l’amore e la morte.
E se è vero che io son morte, lo amerò per tutta la sua vita.